[vc_row][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”5720″ alignment=”center” border_color=”grey” img_link_large=”” img_link_target=”_self” img_size=”full”][/vc_column][vc_column width=”2/3″][vc_column_text]Chi si avvicina a Mauthausen con l’animo teso prevedendo il triste spettacolo, resta attonito nel vedere di qua una ridente cittadina che lo accoglie, di là nel breve orizzonte di una collina, l’inferno.
Come può essere accaduto che convivessero, a poche centinaia di metri, di qua lo scorrere della vita, di là un laboratorio di morte. Ed è avvenuto, come è avvenuto ancora qui nella nostra Europa solo un decennio fa.
Ho avuto l’opportunità di visitare qualche mese fa insieme a Luigi, i campi di Mauthausen e Dachau dove lui è stato rinchiuso. Ho ancora in mente la tormenta di neve che ci ha accolto a Mauthausen. Si è ripetuto in quel momento il clima di gelo fisico e mentale, simile a quello più volte udito nei tristi racconti che in questi anni hanno accompagnato, tra le lacrime, la testimonianza di Luigi Bozzato nei tanti incontri pubblici e nelle scuole.
Non lo nego: ho avuto un momento di smarrimento. A rendere ancora più intensa questa mia emozione si è aggiunto il silenzio. Un silenzio non umano che sembrava arrivare dall’infinito dolore di tutti gli uomini di ogni tempo.
Passando tra le baracche dei lager, nei sotterranei della morte ho tentato di immaginare le atrocità; chi era diventato più disumano? I prigionieri o gli aguzzini? Gli animali non arrivano a tanto! L’inferno era lì, lo potevo toccare.
Quando poi si esce da questi campi non si parla più; non c’è parola che sappia uscire e si sta in silenzio per molto tempo a riflettere sul senso, se di senso si può parlare, di quanto avvenuto.
Comprendo ora come uscire vivo dal lager significa portarselo dentro per il resto della vita e come convivere con questa memoria significa sopravvivere ogni giorno. Capisco quindi il lungo, chiuso silenzio dei sopravvissuti, un silenzio di dolore, tutto rivolto alla memoria, con gli altri. Un dolore incarnato che si può eliminare togliendosi la vita. Così hanno fatto in molti.
Tuttavia non vi può essere inverno così rigido da gelare per sempre la primavera.
L’impegno che l’autore, Umberto Marinello, ha profuso per riuscire a raccogliere e mettere a disposizione di tutti la storia del dramma umano vissuto da Luigi, è davvero notevole.
Come notevole è anche il messaggio che vogliamo fare nostro, dell’inarrestabile forza della vita e dell’amore per gli altri che sono dentro alle parole di Luigi Bozzato, divenute per lui un impegno assoluto: “dobbiamo sopravvivere per raccontare fino a che punto è sceso l’uomo perché bisogna che questo non succeda mai più”.
Federico Ossari Sindaco di Pontelongo[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]